Argilliti e marne rosse, verdi e grigie, appartenenti alla formazione delle “Marne di Bruntino” presso la Forcella di Camblì.
Luogo 4.
SEZIONE GEOLOGICA
La Forcella dei Camblì
Cosa c’è sotto: rocce e forme alla Forcella di Camblì
Per raggiungere la Forcella di Camblì, provenendo sia dalla Cappella del Pisgiù (segnavia CAI 220) che dalla Forcella della Rua (segnavia CAI 113), si attraversano rocce calcaree bianco-azzurrognole, appartenenti alla formazione geologica del “Sass de la Luna” (100-110 milioni di anni d’età). Si tratta di litotipi, ovvero tipi di roccia, di origine torbiditica, formatisi per accumulo di sedimenti a seguito di franamenti lungo scarpate sottomarine. Sono rocce molto diffuse nell’area e formano tra l’altro il rilievo montuoso del Monte Lumbric, fino alla vetta.
Giunti però alla Forcella di Camblì si osserva un netto cambio di forme e colori, ovvero di litologia. Le rocce hanno infatti un aspetto completamente diverso: si possono notare argilliti e marne di colori grigio, verde e rosso fittamente laminate con intercalazioni di strati calcarei e straterelli di argilliti bituminose nerastre.
Continua a leggere
Queste rocce appartengono alla formazione delle “Marne di Bruntino” (110 milioni di anni d’età). Il cambio litologico coincide non a caso anche con un cambio morfologico: la presenza del piccolo e stretto valico, per questo detto “forcella”, è legata alla forte erosione da parte degli agenti esogeni (pioggia, vento, gelo, ecc.) in corrispondenza di rocce più fragili e tenere come quelle affioranti.
L’ambiente di formazione delle “Marne di Bruntino” è quello di un bacino marino profondo e asfittico. Le varie colorazioni delle marne e delle argilliti sono determinate da diversi fattori: la tinta nerastra è dovuta alla presenza di carbonio di origine organica, che si è accumulato nel sedimento a causa dei fenomeni di decomposizione di animali morti (resti di pesci, molluschi, crostacei o rettili) in ambiente anaerobico. Il colore rosso è invece legato a processi di ossidazione di minerali di ferro presenti in traccia nel sedimento (ematite), mentre il verde è dovuto alla presenza di sali di ferro precipitati in ambienti poveri di ossigeno.
Poco più a monte della Forcella di Camblì è presente un altro cambio litologico: affiorano calcari biancastri con noduli e liste di selce varicolori (ovvero concrezioni con forma tondeggiante o allungata contenenti microscopici gusci di radiolari e diatomee) che appartengono alla “Formazione della Maiolica” (120-140 milioni di anni d’età). Si tratta di rocce formatisi per accumulo di sedimenti all’interno di un bacino marino profondo, chiamato dai geologi “Oceano della Tetide”, che nel Giurassico separava il continente euroasiatico da quello africano. Rocce simili, ossia calcari ricchi in noduli e liste di selce, si possono osservare anche in prossimità della vetta del Canto Alto, anche se appartenenti a formazioni geologiche diverse (“Calcare di Domaro” e “Calcare di Sedrina”).
Il contatto tra le “Marne di Bruntino” e i calcari della “Formazione della Maiolica” non è stratigrafico bensì tettonico: esse sono separate infatti da una superficie di faglia di età alpina. L’Orogenesi Alpina, iniziata a partire da circa 90 milioni di anni, oltre a generare la suddetta superficie di faglia, con relativo scorrimento delle masse rocciose, ha causato anche il ripiegamento dei vari strati di roccia che caratterizzano tutta l’area, formando soprattutto pieghe a sinclinale (vedi sezione geologica). Tali pieghe giustificano la giacitura spesso subverticale di molti strati rocciosi visibili lungo il percorso; inoltre sono la causa del rovesciamento della serie stratigrafica, che ha portato ad avere rocce più antiche a una quota superiore rispetto alle rocce più recenti.
Filippo Leopardi
La Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Canto Alto e Valle del Giongo
A ponente del piccolo valico della Forcella di Camblì si allunga la boscosa Valle del Giongo, solcata dall’omonimo torrente. Lunga 4 km circa, ha andamento est-ovest e costituisce l’ultima tributaria “montana” in sinistra idrografica del Fiume Brembo.
Oltre che Zona Speciale di Conservazione (ZSC), è una delle aree del Parco Naturale dei Colli di Bergamo e Zona di interesse naturalistico elevato secondo il Piano Territoriale del Parco.
Nonostante sia ubicata in prossimità di un’area ad alta densità di urbanizzazione, è caratterizzata da elevati livelli di diversità ambientale e ha mantenuto un elevato grado di naturalità. Tra gli altri ospita un’ampia gamma di habitat boschivi, dalle facies più mesofile a quelle più termofile, in relazione alle variazioni di esposizione dei versanti e di umidità. La forra e le pareti rocciose, praticamente inaccessibili, sono estremamente importanti per la nidificazione di rapaci diurni. Le pareti calcaree ospitano una ricca flora casmofitica afferente al Potentillion caulescentis. Nella forra in corrispondenza di aree stillicidiose sono presenti sorgenti petrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion). Di notevole importanza anche le praterie aride in cui si osserva la presenza di numerose specie erbacee di interesse naturalistico fra le quali diverse specie di Orchidacee e Campanulacee (vedi anche Luogo 6, Il Rifugio Canto Alto).
Continua a leggere
Il sito è importante anche per la presenza e la riproduzione di Bombina variegata, specie rara e localizzata, le cui popolazioni sono al limite occidentale di distribuzione per quanto riguarda il settore meridionale delle Alpi (vedi anche Luogo 2, La pozza della Forcella della Rua). I corsi d’acqua del fondovalle ospitano Austropotamobius pallipes. L’avifauna è legata al mantenimento delle aree agricole e degli ecotoni, utilizzati come aree di caccia da parte dei rapaci diurni (Milvus migrans, Circaetus gallicus e Pernis apivorus) e di Lanius collurio. Quest’ultima si è drasticamente ridotta negli ultimi anni localizzandosi in pochissime località, caratterizzate dall’attività agricola, come analogamente Emberiza hortulana.